Interviste

Immanuel Casto o Manuel Cuni? Intervista al “principe del Porn Groove”

La lotta tra persona e personaggio in Immanuel Casto che ci ha abituati a pezzi come Tropicanal o Escort 25 ma è anche il serio presidente del MENSA Italia

Autore Giovanni Ferrari
  • Il6 Marzo 2020
Immanuel Casto o Manuel Cuni? Intervista al “principe del Porn Groove”

Marco Piraccini

Forse Immanuel Casto è abituato a stupirci. Già dai primi anni Duemila, Manuel Cuni (questo il suo vero nome) ha fatto della provocazione un’arma per farsi conoscere. E – perché no? – anche per divertirsi. Dalle canzoni con tematiche non proprio abituali (pensate alla hit Tropicanal o a Escort 25) ai giochi da tavolo con protagonisti prostitute e quelli che nel gioco vengono chiamati “papponi”.

Insomma, non è una novità che il pubblico spalanchi gli occhi quando Immanuel Casto torna con un nuovo progetto. Ma questo accade anche in altri ambiti, come quando – lo scorso novembre – è diventato presidente del MENSA Italia, associazione ad alto QI che unisce i cervelloni di tutto il nostro Paese e che «approfondisce la plusdotazione cognitiva».


Cioè? Chi può farne parte?

MENSA Italia raccoglie persone che superano un test che stimiamo possa essere superato dal 2% della popolazione. Sono le persone con il più alto quoziente intellettivo.


E com’è la vita del presidente del MENSA Italia?

In Italia c’è un direttivo di cinque persone. Quindi, al di là del titolo altisonante, faccio parte di questo direttivo per portare avanti le tre finalità dell’associazione.

Ossia?

Creare comunità (mettere in contatto persone con queste caratteristiche). Incoraggiare l’uso dell’intelligenza per il bene dell’umanità (creiamo format divulgativi come la nuova rivista digitale Quid, nella quale i soci portano la loro prospettiva personale e professionale su determinati temi). Incoraggiare lo studio sulla natura dell’intelligenza (patrociniamo progetti accademici sull’analisi neurologica dell’intelligenza).


Facciamo un passo indietro. Perché ti affascinano così tanto i giochi da tavolo? Hai presentato due giochi al Lucca Comics: Squillo City e Dogma. Come ti spieghi il grande successo che stanno ottenendo?

Sono estremamente appassionato, sono un gamer accanito. E lo sono diventato sempre di più invecchiando, tra l’altro. Il mondo del gioco è ricchissimo ma nella cultura italiana viene spesso associato a qualcosa di leggero se non addirittura “per bambini”. In realtà è una palestra per la mente e addirittura per le emozioni.

Cioè?

Anche i giochi fondati sul pensiero strategico sono basati su elementi emotivi come la tentazione, la tensione. Un gioco ti diverte non solo se ti fa ridere, ma anche se ti spinge ad essere teso. Il mio gioco più famoso, Squillo, è un piccolo gestionale nel quale devi usare i tuoi personaggi per eliminare quelli degli altri.


E in tutto questo la provocazione regna sovrana. Sia nei tuoi giochi che nella musica che proponi, no?

Sì, anche se la provocazione sta diventando un concetto sempre più astratto. Sono stato tra i primi, ad esempio, a prendere una posizione nei confronti della correttezza politica: i miei giochi sono definiti “politicamente scorretti”. Ma questo termine si è evoluto molto in questi anni. Adesso per giustificare un insulto o una minaccia si dice “Ma basta con questa correttezza politica”. Ma attenzione: per correttezza politica si intende quell’insieme di accorgimenti e linee di pensiero che hanno cura e attenzione nei confronti delle altre persone, in particolare delle minoranze. Di per sé è un approccio molto nobile, anche se può degenerare in una forma di neo-puritanesimo per cui “di certe cose non si parla”. Se nella realtà di tutti i giorni (quando ad esempio partecipo a eventi di sensibilizzazione) sto molto attento a non provocare, in ambito artistico amo farlo. Perché cambia il registro.

Quindi qui nasce un punto di incontro tra il mondo del gioco e quello musicale…

Esatto, la cosa che li accomuna è una: sono entrambi finzione. Ed è una finzione dichiarata, questa. Per me la provocazione è tenere il pubblico con il fiato sospeso. E i temi che potevano essere considerati scottanti un tempo ora possono sembrare banali.


Quindi quali sono le tematiche che oggi senti il bisogno di approfondire?

Sto scrivendo un nuovo album. Anzi, sono in fase di produzione. È sicuramente più politico (non partitico). La cosa difficile per un artista è puntare all’universalità, quindi cercare di fare riferimenti all’attualità ma senza che siano troppo palesi. Il mio sguardo ora è a 360 gradi.

A che punto è la linea sottile tra la tua persona (Manuel Cuni) e il tuo personaggio (Immanuel Casto)? Vivi una sorta di dualismo?

Manuel Cuni non è Immanuel Casto. Immanuel Casto è una parte di Manuel Cuni. È un personaggio che è nato come troll ante litteram. Quindici anni fa (quando le cose che facevo iniziavano ad avere un certo rilievo) tutti rimanevano a bocca aperta. Dicendo “Cosa? Veramente sta parlando di bukkake?”. All’epoca avevo anche aperto un sito con una finta biografia. Quando ho iniziato ad avere una mia rilevanza musicale, ho messo sempre più della mia persona nel personaggio. Rimane sempre questa dicotomia che per certi versi ritengo sana. È sano spiegare che si tratta di un personaggio, anche perché il processo rischia di essere un tritacarne.


Come è cresciuto il tuo genere – il Porn Groove – in questi anni?

Dal punto di vista strettamente musicale, c’è stata un’evoluzione. Mi piace pensare che il mio pubblico sia un po’ cresciuto con me. Partendo dalla goliardia grassa che non rinnego (mi piace che ai miei concerti le persone si divertano, penso a Tropicanal che è un brano che non ha la pretesa di insegnare nulla: è un divertissement). Ma se da un lato è rimasta la voglia di mantenere un punto di vista originale e autentico, c’è stato anche un graduale passaggio dalla goliardia più sfacciata verso l’ironia e sempre più verso la satira.

Come racconteresti la tua amicizia con Romina Falconi?

Ci confrontiamo tanto perché siamo due artisti con un approccio diversissimo e per questo ci integriamo. Lei è una cantautrice fenomenale dal punto di vista delle performance vocali ma pure della scrittura. Io invece sono molto sicuro sulle scelte di comunicazione. Ci confrontiamo tanto riuscendo ad avere un occhio esterno l’uno sull’altra.


Sei stato il primo artista europeo a presentare un singolo in collaborazione con PornHub. Come è nato tutto?

Il mio brano Alphabet of Love – con il pretesto dell’alfabeto – associava a ogni lettera un topos dell’intrattenimento per adulti. Ho pensato così di chiedere una collaborazione a livello di marketing a PornHub. Da lì è nata una bella storia: nel 2018 abbiamo aperto a Milano un temporary store con la mia società e si è deciso di fare un gioco insieme, uno spin-off.

C’è un luogo in particolare in cui sogni di esibirti?

Io ho più volte rifiutato proposte di programmi TV e reality per una questione di posizionamento ma anche per esperienze personali. Ma ti dirò che l’unica esperienza da grande pubblico che vorrei fare è andare in gara a Sanremo.


Quindi non riesci a guardarlo ma ci andresti volentieri…

Esattamente!

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