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Francesca Michielin e Fedez: «C’è l’ansietta ma anche l’upgrade dei nostri duetti»

I due presentano il brano in gara a Sanremo Chiamami per nome. Michielin e Fedez lo definiscono più urban rispetto ai lavori precedenti

Autore Silvia Danielli
  • Il15 Febbraio 2021
Francesca Michielin e Fedez: «C’è l’ansietta ma anche l’upgrade dei nostri duetti»

Francesca Michielin e Fedez / ph Fabrizio Cestari

«Mi sono guardata le interviste di Totti per rilassarmi stanotte. Tornare a Sanremo mi emoziona, c’è poco da dire, soprattutto con Federico, dopo una decina di anni», così racconta Francesca Michielin durante la presentazione di Chiamami per nome, il brano in gara al festival insieme appunto a Fedez. “L’ansietta” è la prima cosa che traspare durante la presentazione del brano di Sanremo di Francesca Michielin e Fedez.

Dopo Cigno Nero (nel 2013) e Magnifico (2014) i due si sono ritrovati a collaborare dopo 7 anni, che sembrano in realtà anche molti di più. Il brano è stato scritto da d.whale, ovvero Davide Simonetta, Mahmood, Alessandro Raina e prodotto sempre da d.whale. «Ci siamo ritrovati duettando dai balconi nel 2020», spiega lei «Dopo l’emozione di questo incontro abbiamo deciso di tornare a lavorare insieme. Al mio primo Sanremo non avevo neanche 20 anni e l’avevo vissuto come un campeggio. Quest’anno ne avrò 26, non sarò in hotel ma in un “monolocale”, per riprendere il titolo del mio album».


Fedez aggiunge: «Per me è stato un momento di socialità importante vedermi in zoom con Francesca e Mahmood e ritrovarci poi in studio. Questo è il primo Sanremo per me, ho l’ansietta ovvio. Ma ho voglia di vivermi tutto quello che c’è».

Per il rapper non ci sarà alcun progetto discografico nell’immediato da promuovere. C’è Feat fuori dagli spazi di Francesca, ovvero una nuova edizione di Feat con l’aggiunta di alcuni brani, tra cui ovviamente Chiamami per nome, che uscirà il 5 marzo. «Rispetto alle nostre collaborazioni passate c’è una consapevolezza diversa sia per il testo che per la musica. È un brano d’amore ma più trasversale, più di Magnifico e Cigno Nero. Abbiamo deciso di proporre una struttura differente come duetto. Io come coperta di Linus ho deciso di portarmi il suono del sintetizzatore Korg M1, il suono cinematografico della mia infanzia. E posso dire una cosa: è venuto bene alle prove con l’orchestra», racconta sempre la Michielin.


Anche Fedez rincara la dose: «Forse non dovrei dirlo io ma c’è stato un upgrade stilistico, mi pare meno pop, con sfumature più urban. Si sente molto Mahmood e quando canto sul finale mi sento proprio lui! Gli altri erano più classici per la scrittura».

«Magnifico è figlio del suo tempo, è un piccolo classico, ma era circoscritto a quel periodo, questo è figlio dell’oggi. È più minimale e quindi trasversale. Esordisco con “Oggi indosso una maglia che non mi dona” ed è un inizio forte. Arrivo all’Ariston e ora non ho paura di vivere un sogno», riflette Francesca. Federico racconta di quando andò a Sanremo per la prima volta come manager pro-bono di Lorenzo Fragola e pensò che non avrebbe mai voluto partecipare in gara. E invece.

Si sofferma anche sul diverso modo di intendere il fare musica oggi. «Ho sbagliato in passato a darmi delle scadenze fisse e a pensare prima c’è il tour e poi l’album o viceversa. A me piace andare in studio con gli amici e vedere cosa succede, un po’ come apprezzo il concetto della Factory di Andy Warhol, senza volermi paragonare».

Scontato il riferimento allo spoiler di Fedez sui social – 7 secondi in tutto – della canzone che ha rischiato di far saltare tutto il progetto. «Quando è successo il fattaccio Francesca poteva apostrofarmi in tutti i modi e invece è stata la prima a sostenermi tanto», svela lui. 


Sul titolo sembrerebbe scontato un richiamo al film di Luca Guadagnino, Chiamami col tuo nome (Oscar per la sceneggiatura nel 2017) ma non è così. «Son fan di Guadagnino», racconta la Michielin «ma non abbiamo davvero pensato per il titolo». «Io non ho ancora nemmeno visto il film, anche se vorrei farlo», aggiunge Fedez.

«Il riferimento del titolo è a quando chiedi di essere chiamato con il tuo nome e basta in un momento di difficoltà», conclude Francesca.

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