Rock

“Carnage” è il disco più potente di Nick Cave degli ultimi 15 anni

Il nuovo album di Nick Cave e Warren Ellis, uscito ieri a sorpresa, è un progetto al di là dei generi, fatto di atmosfere sublimi e spettrali

Autore Gianluigi Ricuperati
  • Il26 Febbraio 2021
“Carnage” è il disco più potente di Nick Cave degli ultimi 15 anni

Foto di Joel Ryan

Si tratta di uno sforzo collaborativo, e infatti il disco è firmato da Nick Cave e Warren Ellis. Intitolare un’opera massacro in tempi come questi significa costruire uno specchio. Carnage è uscito a sorpresa ieri, giovedì 25 febbraio. Essere vivi e umani nel mezzo di una catastrofe significa perdere la possibilità di lamentarsi di minuzie, per poi guardare il tranquillo funzionamento del cosmo, perfetto e regolare, perché non c’è un mondo esterno in cui affondare il proprio senso delle proporzioni.

La vita – regolata da infinitesimali pressioni, passioni tristi, regolamenti di conti e terrori notturni – è in sé una fatica senza requie, ma durante una pandemia non puoi girare lo sguardo dall’altra parte, non puoi distrarti, non puoi cambiare sfondo alla pagina di atterraggio del sangue, del sudore, del desiderio, della frustrazione.


Nick Cave e Warren Ellis: radunati intorno al fuoco di un’ispirazione impossibile da evocare

Perché ovunque ci sono persone che versano più sangue di te. Questo rende anche particolarmente difficile guardare la belva negli occhi. Nessuno di noi era abituato a pensare alla catastrofe aldilà di una cornice. La cornice si è persa. In un certo senso siamo diventati la cornice. Nick Cave e Warren Ellis si sono radunati intorno al fuoco di un’ispirazione impossibile da evocare, hanno – come in una antica fiaba russa – chiesto alla belva di mungere il suo stesso latte, così da poterne bere e farne bere. Carnage è esattamente questo: latte di belva. Come tutte le esperienze radicali illuminate da una necessità magica, possiede più di un elemento catartico.

La belva di latte fa volare e fa dimenticare e trascendere il dolore burocratico delle zone rosse e arancioni scuro. Ma anche l’assurdità di un professore che urla con cadenza casertana all’allieva maldestra che non sarà mai un buon medico, tutto rigorosamente in zoom. Persino l’eterna parcellizzata violenza dei maschi bianchi mediterranei che in fondo odiano tutto e tutto vogliono far morire tranne se stessi.


E infine la sofferenza indecente di tutte le creature che sono morte sole, non con uno schianto ma con l’assenza di un sussurro, qualcosa che dica “ciao” per l’ultima volta. Il dolore è geografico, come la lingua di certe persone Non rimane molto altro da fare, se sei uno sciamano trafitto come Nick Cave – e chiunque abbia visto Nick Cave in concerto dopo la terribile tragedia privata di aver perso il figlio, sa cosa intendo – la sola opzione è distillare il latte di belva in composizioni musicali piene di parole.

Carnege, un disco “al di là dei generi”

Il corredo musicale di Carnage va al di là di ogni aderenza di genere: si preoccupa solo di se stesso, come ogni capolavoro, un sistema auto-reggente, un regno che rinnova senza sosta la promessa di farsi re. Rumori come nei primi Bad Seeds, orchestrazioni contemporanee come il bellissimo esperimento di musica colta realizzato da Cave con Nicholas Lens, Litany of Divine Absence.

Poca sostanza ritmica. Atmosfere spettrali e spettraliste, con improvvise virate dissonanti. Ma anche un meraviglioso inno liberatorio, come in White Elephant, che intorno al minuto 3.00 si libra in una sorta di gospel che ricorda Foi Na Cruz. Ci sono anche cori diabolici come Hand of God, in cui una voce simile a quella di Rid of me di P J Harvey quando si sente «lick my legs / I’m on fire», solo che qui si urla «Hand of God / Hand of God».

Ci sono momenti sublimi, per chi ama i rimandi letterari, per esempio quando nella canzone che da il titolo all’album Cave dice “leggendo Flannery O’Connor”, e tutti sappiamo che se i racconti della grande scrittrice americana avessero una parete multimedia sarebbe con la ormai quarantennale opus del cantautore australiano.


Amiamo Nick Cave perché sa collaborare e illuminare ciò che lo illumina

Come in tutti gli album che restano nel cuore, non ci sono riempitivi; ci sono alti e bassi, c’è una parabola. C’è un promontorio e ci sono diverse grotte, ci sono anche due nuvole come tappeti, le ultime due tracce, sospese e deliranti e liriche. Amiamo Nick Cave per il modo in cui pronuncia goodbye in Shattered Ground. Amiamo Nick Cave perchè sa collaborare e illuminare ciò che lo illumina, e questo disco non sarebbe mai esistito senza Warren Ellis.

Infine, Amiamo Nick Cave perché questi lamenti incantati danno un nuovo vestito alla disperazione che muta in sorpresa, alla sorpresa che diventa azione di verbo e di carne, perché persino nel pieno di una tragedia collettiva e aggrediti da stanchezza e noia riconosciamo che un mattino – una complessa coincidenza di sguardo e luce, temperatura e volontà – può essere amazing.

Questo disco si chiama Carnage ma il sottotitolo silenzioso è Amazing Grace. Cave, citando il sommo filosofo e cambiandone il finale, intona «ciò che non ti uccide ti rende…più pazzo». Ma è un soffio gentile di auto ironica sprezzatura, e lo si capisce dal timbro della consonante z. Questa collezione di canti è dominata dalla Grazia, dal peso e dal talento che solo la Grazia – chiedete a Flannery O’Connor – sanno donare.

Carnage è ora disponibile su Goliath Records su tutte le piattaforme digitali. Le versioni fisiche in vinile e CD usciranno il 28 maggio e saranno distribuite dalla Self.


*Gianluigi Ricuperati è scrittore, saggista nonché acuto appassionato di musica da ascoltare (di recente ha pubblicato Generosity. Un agiografia di David Bowie, ed Piemme).

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