Pop

Salvador Sobral, l’anima gentile dell’Eurofestival 2017, è tornato

Il cantante portoghese, vincitore dell’Eurovision 2017, si racconta, dal matrimonio, alla malattia, dal nuovo album al tour che arriverà anche in Italia il prossimo 28 luglio

Autore Piergiorgio Pardo
  • Il18 Luglio 2021
Salvador Sobral, l’anima gentile dell’Eurofestival 2017, è tornato

Salvador Sobral, foto di Ana Paganini

Per il pubblico Italiano Salvador Sobral sarà soprattutto il ricordo di tre minuti di oasi di delicatezza che nel 2017, a sorpresa, si imposero nella kermesse dell’Eurovision Contest.
Era l’anno in cui il nostro Francesco Gabbani faceva ballare la sua scimmia nuda, prendendo acutamente in giro l’impero d’Occidente.

Il matrimonio, la malattia e il nuovo album

A vincere fu invece il Portogallo di Amar Pelos Dois, splendida melodia impreziosita da un arrangiamento orchestrale raffinatissimo e retrò. La delicata vocalità di Salvador, in bilico fra fado, Jobim e r’n’b, la sua aria da bambino spaurito e un po’ capriccioso, finito chissà come in un paese di meraviglie ed effetti scenici, incantarono tutti. Ad oggi il suo brano è premiato anche dalla rete con decine di milioni di streaming.


Al successo dell’Eurofestival sono seguiti per Salvador Sobral anni molto intensi, fatti di successi (dal matrimonio con Jenna Thiam, l’affascinante Lena della serie Les Revenants) e di impegno nel sociale. Ma anche di problemi di salute che hanno tenuto col fiato sospeso i suoi fan. Questa estate Sobral sta promuovendo un nuovo album, BPM che esce per Warner Music. Il suo quarto progetto in studio, contando anche la collaborazione con Victor Zamora, Nelson Cascais e André Sousa Machado nello splendido Alma Nuestra del 2020.

Salvator Sobral in concerto in Italia

Il tour tocca anche l’Italia, con una serie di concerti in contesti da segnalare per la validità dei rispettivi cast. Lo show debutterà il 28 luglio all’interno della rassegna I Concerti nel Parco, nel Parco della Casa del Jazz a Roma, che ha in cartellone altri nomi prestigiosi quali, fra gli altri, il chitarrista brasiliano Yamandu Costa e il bandoneonista argentino Martìn Sued.


In attesa di un ulteriore approfondimento sul numero di Billboard di settembre, quella che segue è la nostra chiacchierata di benvenuto. A nome sia dei numerosi fan, sia di tutti i curiosi di buona musica che vorranno accostarsi all’indubbio talento e alla coinvolgente verve comunicativa di Salvador Sobral.

Stai per intraprendere un tour in contesti molto particolari, legati al circuito del jazz e della musica contemporanea, oltre che a quelli della canzone d’autore più ricercata. Cosa ti aspetti, o cosa desidereresti maggiormente dal pubblico italiano?

Roma, la Valle dei Templi sono posti incredibili per un viaggiatore, ma anche per un musicista che abbia il piacere di venire in Italia. Mi auguro di ritrovarmi un pubblico molto trasversale, come accade sempre ai miei concerti, dai giovanissimi alle persone più adulte, e di arrivare al cuore della gente. La prima cosa del pubblico che mi interessa è la sua anima.

Cosa hai preparato per gli spettatori italiani che verranno a vederti?

Sul palco saremo un quintetto, composto da batteria, contrabbasso, chitarra, pianoforte e me alla voce e tastiere. L’impasto sonoro sarà molto vicino a quello che si ascolta nell’album e anche i brani del repertorio precedente sono stati rivisti per rendere al meglio in questa nuova veste.

Salvador Sobral: «Io la chiamerei “musica onesta”»

A proposito di suono mi sembra che il limite tra jazz e pop in questo album sia molto dinamico e che entrambe le anime siano presenti. Sei d’accordo?

Assolutamente. Siamo tutti musicisti jazz, anche per formazione. La nostra filosofia, improvvisazione compresa, viene dal jazz, ma questa libertà è aperta al rock, al pop, a qualunque patrimonio musicale. Alla fine, io la chiamerei “musica onesta”, perché nasce dal divertimento e dal desiderio di suonare insieme.


Siete riusciti a coltivare questa idea di musica di insieme anche in studio, nonostante i problemi logistici legati alla pandemia?

I miei primi due dischi erano stati registrati in due giorni, con l’attitudine e i metodi propri del jazz. Questa volta cercavamo un suono nuovo e volevamo lavorarci insieme. Abbiamo registrato in Francia, collocati in stanze separate, ma compresenti nello studio. Sono stati cinque giorni molto intensi. 

Eppure, nel disco ci sono anche dei suoni piuttosto elaborati, soprattutto nel modo in cui è prodotta la voce.

È vero, in questo caso, dopo le registrazioni, è seguito un lavoro di post-produzione molto accurato. Abbiamo registrato altre tracce vocali, le abbiamo sovrapposte, creando armonizzazioni nuove. Volevamo comunque che l’album, e di conseguenza il live, suonassero come il lavoro di un cantante, che la voce e le sue possibilità fossero un po’ di più in primo piano, rispetto al passato.

A proposito di vocalità circola in rete una tua bellissima versione piano e voce, con coda improvvisativa finale de L’anno che verrà di Lucio Dalla. C’è qualcosa che ti accomuna a lui in quanto vocalist legato tanto al mondo del jazz, quanto a quello del pop?

Come lui sono matto. Nel senso di ribelle. Mi identifico nel suo modo di essere un eterno bambino dispettoso

Il ricordo dell’Eurovision 2017

Come all’Eurofestival, quando sei uscito vincitore a sorpresa…

In realtà credo che all’epoca non mi rendessi nemmeno troppo conto di quello che mi stava accadendo.  Ma non tanto per la giovane età, o per incoscienza, ma perché soffrivo già dei problemi di salute che avrei affrontato di lì a poco. Stavo troppo male per potere sentire la tensione di una performance in eurovisione. La mente era concentrata su altro.


Adesso che tutto è stato brillantemente superato, ritieni che l’avere affrontato un percorso così gravoso, nonostante la tua giovane età, abbia influito sul tuo modo di essere e sulla tua arte?

Sul momento pensavo di si. Uscito dall’ospedale mi ero ripromesso che non avrei dato più importanza a cose come il traffico. Ma l’essere umano si adatta a tutto, non solo alle difficoltà, ma anche al fatto di averle superate. E così dopo un po’ mi sono riabituato all’idea di essere in salute e ho ricominciato a bestemmiare per il traffico. Perciò, ora come ora, non saprei più dirti in che misura e in che maniera quella esperienza in particolare influenzi la mia creatività, se un certo verso, o una certa musica arrivino dall’essermi confrontato con la paura di morire, o dall’ultima cosa buona che ho mangiato. Magari da tutto insieme.

Il tuo tour italiano si conclude nel cuore del Mediterraneo, ma tu vieni da Lisbona, dall’estremo occidente, bagnato dall’Oceano atlantico. Ti senti più atlantico, o più mediterraneo?

Da un lato mediterraneo, perché ho vissuto anche a Maiorca, a Barcellona e perché il mediterraneo è un luogo di incontro, come la mia musica, che è frutto di tante influenze diverse. Però quando guardi l’Oceano sai che, lontano, lontano, anche se puoi solo immaginare, dall’altra parte ci sono New York, il jazz, la musica cubana, il pianoforte di Brad Mehldau in Highway Rider e la voce di Patrick Watson in Love Songs for Robots o Adventures in Your Own Backyard.

Qual è invece l’elemento della cultura italiana che ti è arrivato di più?

Il cinema di Fellini e l’amore per Roma, che mi arrivano da mia moglie Jenna. Il giorno prima del concerto a Roma del 28 luglio è il suo compleanno e siamo felicissimi di trascorrerlo lì.

Facciamo anche noi a Jenna Thiam gli auguri di buon compleanno e a Salvador Sobràl quelli di una splendida accoglienza nelle città e nei borghi italiani dove si accinge a far risuonare la delicata eleganza della sua musica.


Le date del tour di Salvador Sobral

  • 28 luglio – Casa del Jazz, Roma
  • 29 luglio – Castello di Arco, Arco
  • 30 luglio – Piazza Carlo Urbani, Scheggino
  • 5 agosto – Castroreale, Sicilia
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