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Annalisa: «Tsunami significa dire quello che pensi. Sempre». L’intervista

Abbiamo incontrato Annalisa all’ora della merenda e abbiamo scoperto parecchie cose: sul suo ultimo album Nuda ma anche su di lei

Autore Silvia Danielli
  • Il22 Settembre 2020
Annalisa: «Tsunami significa dire quello che pensi. Sempre». L’intervista

Abbiamo incontrato Annalisa all'ora della merenda e abbiamo scoperto parecchie cose: sul suo ultimo album Nuda ma anche su di lei

Annalisa è tornata più agguerrita che mai e ha deciso di svelarsi come mai aveva fatto prima con Nuda, il suo ultimo album uscito il 18 settembre. Noi l’abbiamo incontrata all’ora della merenda all’affascinante hotel Westin Palace di Milano per farci raccontare i dettagli di questo suo nuovo lavoro e per sottoporla alla raffica di domande di Billboard Music Bites.

Tra un muffin e una macedonia di frutta abbiamo scoperto davvero molte cose dell’artista di Savona che non erano di certo note a tutti. Annalisa, proporrebbe mai un album di cover? Quale canzone non dovrebbe mai mancare? Quando ha cantato per la prima volta davanti a tutti? E poi cosa significa essere travolta da uno Tsunami, che poi è anche il suo ultimo singolo, in amore e nella vita lavorativa?


«Tsunami significa soprattutto non porsi limiti e non rinunciare mai a dire quello che pensi, perché poi potresti pentirtene un giorno», ci ha spiegato Annalisa e questo è ben più che una dichiarazione d’intenti. Un album che ha visto anche diversi featuring: da Rkomi a J-Ax, da Achille Lauro a Chadia Rodriguez. Con le produzioni di Dardust, Michele Canova e d.whale.

Lo scopo di questo tuo lavoro era mostrare parti di te che forse non tutti conoscevano: quale tua caratteristica era rimasta nascosta secondo te?


Non ce ne è una sola. Vorrei proprio che venisse fuori un racconto completo. Tutto il lato musicale lo metto al servizio del testo. Nuda è divisa in lato A e lato B. Nel lato A ci sono le canzoni particolarmente istintive, che mi rappresentano come mio marchio di fabbrica, invece nel lato B ho voluto spingere anche un lato di me che raramente tiro fuori, anche dal punto di vista sonoro. Il senso è proprio non mostrare sempre e soltanto la parte migliore di me, di noi, come siamo abituati a fare sui social.

Quindi vuol essere proprio un messaggio rivolto anche alle ragazze più giovani?

Certo, vuol essere un invito a mostrare anche le nostre debolezze e i nostri difetti. È una esigenza che sento io in prima persona: guardo i social e mi stanco di tutta questa ricerca ossessiva di perfezione. Io capisco che vogliamo dare una certa idea di noi stessi e questo va benissimo, ma va ricordato che esiste anche tutto il resto.

Hai mai postato delle foto dove ti presentavi struccata?


Sì, soprattutto nella fase della quarantena: mi svegliavo, mettevo giusto il copri-occhiaie e poi mi facevo un selfie che postavo su Instagram. Poi certo non ho mai postato foto dove non mi piacevo, quello no!

Durante il lockdown ci avevi rallegrato con il brano Houseparty, che era poi l’app che tutti usavamo per sentire gli amici…

L’avevo scritta ben un anno fa! Non conoscevo neanche l’applicazione e la canzone aveva un senso molto diverso. Poi, che dire, è stato giusto pubblicarla proprio in quel periodo. Il disco era stato rimandato ma ho voluto far uscire questo singolo.

Hai avuto modo di rivedere qualcosa dell’album durante la quarantena, dato che era pronto da un po’?


Sì. L’essenza dell’album era molto legata al concetto dello stare in casa già da subito. Durante questi mesi quindi questo desiderio di casa ovvero di intimità è aumentato ancora di più. Quindi sì ho riaperto delle tracce e ho sistemato dei dettagli degli arrangiamenti. Soprattutto in N.U.D.A (nascere umani diventare animali) l’ultima traccia, ho voluto aggiungere del contenuto a quella che è la bandiera di questo disco.

Hai dovuto lottare per imporre una tua scelta musicale?

No, no, nessun litigio. Il sano confronto ci sta sempre. Anche perché io ci metto anima e cuore in quello che faccio.

In Nuda affronti anche altri generi ma si può definire “un pieno e rotondo album pop”: per te è una definizione che sminuisce in parte il tuo sound?


Per niente. Non mi piace tanto auto-definirmi con un genere, preferisco lo facciano gli altri. Cerco di produrre musica a mio modo, che deve rappresentarmi e piacermi e cerco di trasmettere anche un messaggio. Non trovo che il pop sia cheap e rappresenti qualcosa di poco conto. Essere popolari significa per me che raggiungi tante persone quindi è solo un valore aggiunto. Io penso di farlo a mio modo e questo sia proprio il “mio pop”.

Quando hai scritto e interpretato N.U.D.A ti sei sentita in imbarazzo?

No, assolutamente. Per Bonsai, dove elenco tutti i miei difetti, invece, ho dovuto fare un grande sforzo insieme agli altri autori. Ma non era imbarazzo, era proprio difficoltà.

Guarda il nostro Music Bites.


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