Interviste

Tutti Fenomeni e un modo di fare pop crudo e satirico che non assomiglia a nessuno. L’intervista

Il cantautore ha da poco pubblicato il suo secondo album, contenente potenziali hit ma anche brani più emotivi. L’abbiamo raggiunto nel bel mezzo delle prove per raccogliere impressioni ed emozioni alla vigilia del suo primo vero tour

Autore Piergiorgio Pardo
  • Il23 Maggio 2022
Tutti Fenomeni e un modo di fare pop crudo e satirico che non assomiglia a nessuno. L’intervista

Tutti Fenomeni (fonte: ufficio stampa)

Tra gli appuntamenti più attesi del festival milanese MI AMI, c’è il debutto del tour estivo di Tutti Fenomeni. Il giovane cantautore (vero nome, Giorgio Quarzo Guarascio) ha appena dato alle stampe il secondo album Privilegio Raro, prodotto, come il brillante esordio Merce Funebre, da Niccolò Contessa per 42 Records.

Contiene hit potenziali come Il Grande Modugno, Antidoto alla Morte (con Francesco Bianconi), o Mr. Arduino, che cita insieme Impressioni di settembre, Bandiera Bianca e i trascorsi di Giorgio con i Tauro Boys. Ci sono anche brani più emotivi, perfetti per l’abbraccio del pubblico, come Addio, Infinite Volte e Vitaccia. E continua infine il gioco sperimentale a filo di trap che caratterizzava il primo disco. Pensiamo ad esempio a Cantanti, che mischia Battiato a Jobim, oppure a Non porto la più pena, in cui vi è traccia di un vecchio piano e voce intitolato Scugnizza, che si trova ancora in rete.


È originale anche l’immagine di Tutti Fenomeni, una sorta di Pasolini pariolino con ambizioni da illusionista. Così appare nel video del singolo che dà il titolo all’album, in cui si schernisce la società buonista della pandemia, citando Dante e La Bambola, come il Burchiello e De André. Al di là del gioco, voluto, dei riferimenti, questo modo surreale, crudo e satirico di fare pop non somiglia a niente e a nessuno.

Il live a capienza piena lo trasformerà da gioco della mente in rave illuminista per la dea Ragione. Al sospirato appuntamento Giorgio si presenta con una lineup arricchita dalla presenza di un bassista/chitarrista. L’abbiamo raggiunto nel bel mezzo delle prove per raccogliere impressioni ed emozioni alla vigilia del suo primo vero tour.


Finalmente si torna a suonare dal vivo sul serio. Parafrasandoti direi che si tratta di un “privilegio raro”, visti i tempi. Nel tuo caso gli album da fare live sono praticamente due, perché Merce Funebre ha fatto in tempo ad incappare nei lockdown. Che aspettative hai e come ti stai preparando?

Suonare con la gente in piedi, senza mascherine, è davvero un privilegio raro. Saremo in quattro sul palco: Francesco Bellani, Luca Taurnino, Giorgio Conte e io. Quindi tastiere, basso/chitarra e batteria saranno suonati live. Con noi ci sarà Giacomo Fiorenza della 42 Records.Mi aspetto molto da queste date, perché Privilegio Raro non è un disco facile. Nella dimensione live potrà arrivare di più alla gente. Per i Festival avremo una scaletta bilanciata tra i due album, il set completo invece sarà un po’ più focalizzato sul nuovo repertorio.

Entrambi i dischi sono molto elettronici: come mai la scelta di una backing band completa anche di basso?

Le basi in studio sono praticamente un lavoro di Niccolò Contessa, ma nella produzione del set abbiamo preferito rimettere in gioco tutto, per amalgamare gli arrangiamenti dei nuovi brani e di quelli precedenti. Nell’ultimo disco i suoni del basso e la spinta ritmica sono più presenti e profondi, per cui la presenza di un bassista ci consentirà una resa live efficace.

Si ballerà al suono di temi importanti: il sesso, la morte, Dio, Roma. Mi viene da chiederti se ci sia una contiguità tra il tuo immaginario e quello pasoliniano. Gli occhiali sono quelli.

Non solo, anche i lineamenti del viso sono scavati nello stesso modo (ride, ndr). Pasolini è un grosso punto di riferimento per me e il suo modo di raccontare la romanità, attraverso un occhio stupito, una prospettiva da straniero, mi affascina tantissimo. La sua estetica ricorrerà in uno dei miei prossimi video. Non dico altro per non spoilerare.

A 26 anni sei uno dei tanti giovani professionisti che hanno dovuto fronteggiare i cambiamenti socioculturali ed economici causati da pandemia e guerra in rapida successione. Questo insieme di cose ti induce un senso di appartenenza generazionale?

Credo che i fatti accaduti rendano per forza di cose la mia generazione consapevole della necessità di valorizzare e difendere i propri territori. La musica è una risposta costruttiva ai problemi, ma non lo dico pensando alla mia in particolare, né sentendomi in qualche modo un portavoce.


Tutti Fenomeni - Privilegio Raro - intervista - 2
Tutti Fenomeni (fonte: ufficio stampa)
I tuoi pezzi, complessivamente, appaiono come una sorta di riflessione sulla condizione dell’uomo. Pensi che dal vivo possano avere una risonanza più universale?

Potrò partecipare all’emozione del mondo nel modo che mi si addice, attraverso delle frasi. Io vivo di frasi, soprattutto non mie. Non dialogo con la vita, né parlo della vita direttamente. Lascio che siano le mie fonti a mediare.

Eppure, quando canti “La guerra so che non è un pretesto / Avevamo forse bisogno noi per amare la vita oggi di un cataclisma?” l’impressione è quella di sentirti parlare a tu per tu con i massimi sistemi.

Anche in questo caso si tratta di uno spunto letterario. È una frase di Marcel Proust in risposta a un giornalista che gli chiedeva cosa avrebbe fatto se fosse venuta la fine del mondo. Proust mi ha dato la chiave per alleggerire il tono profetico in cui poteva incorrere un tema del genere.

Quando canti “Tu mi fai girare un po’ la testa tu mi fai sentire il cuore a destra” con chi ce l’hai esattamente?

Coi tempi forsennati del capitalismo da un lato, ma anche con l’idea che ci siano delle parole tabù. Qui ho trovato un contesto in cui pronunciare la parola “destra”, in passato avevo fatto lo stesso con “troia”.

Siamo un po’ dalle parti del nuovo Kendrick Lamar, non trovi?

Del disco mi ha parlato Emiliano (Colasanti di 42 Records, ndr), ma non ho avuto ancora modo di ascoltarlo.


De Gregori cantava “e non c’è niente da capire”, Battiato cercava “frammenti di verità assolute”, e tu?

Nel 2022 scrivere canzoni credo significhi soprattutto sedimentare sensi. Mi verrebbe da dire che c’è troppo da capire e che è meglio, per quanto sia complicato, accettare il fatto di non capire nulla.

Cosa ti aiuta ad accettarlo?

La parola. E questa continua prova di regia che è costruirci un discorso musicale intorno.

Da come ne parli, entrambe le cose sono privilegi rari, senza ironia questa volta. I risultati portano lontano dal formato canzone. A livello di scrittura mi sembri influenzato piuttosto da classica ed elettronica…

Il fatto è che non sono un musicista. Mi lascio invadere dalla bellezza e la uso.

A proposito di bellezza, inizierai il concerto con un panno drappeggiato sul viso modello Amanti di Magritte? Magari con un ventilatore puntato contro come in Wittgenstein di Derek Jarman?

Sai che è una bella idea? Amo molto la copertina dell’ultimo disco. È nata per caso durante una cena fra amici, parlando con Massimo Mezzavilla, un art director romano. Adesso l’immagine va prendendo sempre più significati. Tu per esempio cosa ci vedi?


Personalmente la interpreto come una metafora per dire che il velo che ostruisce lo sguardo aiuta a vedere e capire veramente la realtà.

Ecco. Questo va benissimo anche per me.

Ascolta Privilegio Raro di Tutti Fenomeni

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