Interviste

Fusaro, l’importanza delle parole mentre fuori c’è rumore: alla scoperta del cantautore torinese

L’artista è pronto a dare il via a un particolare tour: “Residenze dal vivo”, che farà tappa a Firenze, Bologna, Milano e Roma con live in più sere consecutive nelle stesse venue. Come si faceva una volta

Autore Federico Durante
  • Il30 Aprile 2022
Fusaro, l’importanza delle parole mentre fuori c’è rumore: alla scoperta del cantautore torinese

Fusaro (fonte: ufficio stampa)

Se cercate il suo cognome su Google vi imbatterete inevitabilmente in una massa di contenuti riguardanti un controverso personaggio mediatico contemporaneo. Per dipanare la matassa occorre aggiungere alla chiave di ricerca qualcosa come “cantautore”. E in fin dei conti ci sembra la cosa più giusta: con la sua brillante penna, Fabrizio Fusaro, in arte semplicemente Fusaro, è un artista che onora – riattualizzandola – la grande tradizione del cantautorato italiano (ma non solo, come vedremo in quest’intervista). E lo fa con una leggerezza e un garbo che certamente non rendono questo un accostamento di comodo, automatico, come spesso si fa con proposte artistiche analoghe.

Ascoltare per credere: fra l’album d’esordio Di Quel Che C’è Non Manca Niente o gli ultimi singoli Il Silenzio Basta e Avanza e Briciole, le canzoni di Fusaro privilegiano una comunicazione fatta di parole ed emozioni sincere che – più che come un pugno nello stomaco – arrivano come una dolce carezza. Il tutto entro un’elegante produzione mai invasiva che lascia a versi e melodie il giusto respiro di cui hanno bisogno.


Adesso Fusaro è pronto per dare il via a un’esperienza di tour piuttosto particolare: il “Residenze dal vivo 2022” rievoca l’antica abitudine dei cantautori di esibirsi per più volte consecutive (come “resident”, appunto) in una stessa venue. Il mini-tour prodotto da Vertigo vedrà tappe in quattro capoluoghi e altrettanti locali di musica live: Firenze (Volume, 3-4-5 maggio), Bologna (Casetta Locomotiv Club, 13-14-15 maggio), Milano (Santeria Paladini, 17-18-19 maggio), Roma (Villa Ada Festival, 23-24-25 giugno).

Abbiamo colto l’occasione per farci raccontare i dettagli di un progetto a lungo rimandato (fu ideato prima della pandemia) che adesso finalmente può essere messo alla prova.


È la prima volta che vedo un progetto di live strutturato in questo modo: una scommessa per te e per il tuo promoter?

Sì, si tratta di un progetto che porta con sé tanti contrasti: sono concerti sia itineranti che residenti; è un concept riportato in questo periodo ma originario di molto tempo fa. Mi sembra il contenitore adatto per il mio progetto artistico perché club come quelli nascono per far crescere la musica. La possibilità di sviluppare i live in questo format, oltre ad essere interessante, mi dà proprio la possibilità di crescere come artista e musicista. Dopo aver passato due anni senza suonare da nessuna parte, concerti come questi mi fanno molto bene.

L’idea è nata da Vertigo, è stata la prima su cui ci siamo confrontati e su cui abbiamo basato la nostra collaborazione. Solo che poi è arrivato il Covid e abbiamo dovuto aspettare. Ora che si sono riaperte le porte, abbiamo campo libero per scommettere.

Sul palco sarai tu da solo con la chitarra?

Sì, saranno dei live chitarra e voce, quindi fedeli all’idea della residenza dal vivo dei cantautori. La dimensione chitarra e voce mi appartiene particolarmente, mi ci trovo molto a mio agio. Quindi sono felice di poter presentare il mio progetto in questo modo. È giusto così.

Ho sempre ammirato molto chi sale sul palco solo con la propria chitarra e le proprie canzoni. Tu che adrenalina senti quando ti presenti al pubblico?

È la mia dimensione naturale ma allo stesso tempo c’è una forte tensione che ti accompagna fino al momento in cui sali sul palco. Poi scompare all’improvviso quando inizi a cantare. Mi trovo a mio agio perché è una delle cose che faccio da più tempo, musicalmente parlando: ho iniziato buttandomi negli open mic, magari senza neanche un’idea precisa di cosa suonare. Sono contento di tornare a farlo.


Ti aspetti di espandere il tuo pubblico, visto che suonerai per più sere consecutive nelle stesse venue?

Sì, c’è soprattutto la speranza di incontrare nuove persone che non mi hanno mai sentito. Un’occasione di crescita incredibile. Questa è la cosa che mi entusiasma di più: trovare una persona che mi ascolta per la prima volta e mi possa dare un parere a caldo.

Fra le tappe del tour non c’è Torino: è una scelta voluta?

Lo è. Torino per fortuna è stata uno dei contesti più “accessibili” per me, sia perché ci vivo sia perché mi ci sono sempre trovato bene musicalmente. Sarebbe stato un calcare la mano in modo non necessario. La mia crescita è iniziata da lì, la maggior parte del mio pubblico è in questa città.

Fusaro - Residenze dal vivo - intervista - 2
Fusaro nel videoclip di Briciole
A fine maggio, peraltro a tour in corso, uscirà il tuo nuovo album. Cosa ci puoi anticipare?

Ne sono molto fiero. È un lavoro particolarmente ispirato e mi ritrae perfettamente, io credo. Ho lavorato sempre con Ale Bavo, il producer che mi accompagna dagli inizi. Si tratta di chiudere un capitolo che è stato aperto con Di Quel Che C’è Non Manca Niente, dal punto di vista sia narrativo e tematico sia sonoro. Si riprende il filo cantautorale ed elettronico, quest’onda ovattata su cui si appoggiano le mie parole, e lo si espande per tutti questi nuovi brani. Non vedo l’ora che esca e di suonarlo dal vivo.

Che interazione artistica c’è fra te e Ale Bavo? Oggi si parla molto della figura del producer ma soprattutto in riferimento ad ambiti come l’urban pop o l’elettronica, mentre il tuo è un progetto cantautorale più tradizionale.

Per il primo disco era stata più un’entrata in punta di piedi. Il suo compito era presentare il progetto nel modo più cristallino possibile. Adesso che abbiamo preso più confidenza l’uno dell’altro, anche nello scrivere insieme, la collaborazione si concretizza di più nel trovare la giusta veste dei brani, la giusta declinazione degli arrangiamenti e dei mood da comunicare.


Io stesso piano piano sto imparando a “smanettare” un po’. Lui ha influenzato me e io ho influenzato lui, un incastro perfetto. In questo secondo album ci sono anche pezzi che abbiamo scritto insieme: è stato bello sperimentare anche questa nuova dinamica.

Una curiosità: prima di dedicarti a tempo pieno alla musica cosa facevi?

Parallelamente alla fine del liceo e all’inizio dell’università, lavoravo come collaboratore in un giornale locale di Settimo Torinese. Poco prima di prendere sul serio le redini della mia carriera musicale, questo percorso giornalistico si è concluso. L’anno scorso mi sono laureato e adesso faccio il cantautore e basta.

Fra i cantautori italiani o internazionali c’è qualcuno che pensi rifletta il tuo tipo di sensibilità di scrittura?

Andrei fuori dall’Italia e direi Phoebe Bridgers. La componente di delicatezza, di “morbidezza”, in lei è esaltata all’ennesima potenza. Ci sono tanti brani pensati sulla stessa linea, forse nel mio caso ci sono più azzardi dal punto di vista della produzione. È un progetto che mi ha sempre ispirato, fin dai primi brani, e che mi porta a dire: “Mi piacerebbe scrivere una cosa del genere”.

Sei giovane ma penso che le tue canzoni comunichino naturalmente con tutte le generazioni, a prescindere dall’età. Come ti immagini il tuo pubblico da questo punto di vista?

È una domanda che mi fanno in tanti, giustamente bisogna porsela quando si promuove della musica. È difficile rispondere, soprattutto adesso che non salgo su un palco da un po’ di tempo. Sicuramente il mio pubblico va dai coetanei in su. Ci sono tanti ascoltatori, soprattutto qui a Torino, anche più adulti, over 50. Quello che li accomuna è la ricerca di testi curati, non necessariamente i più belli del mondo ma senz’altro giusti per me.


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Ascolta l’album Di Quel Che C’è Non Manca Niente di Fusaro

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