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Da dove viene l’itpop? I fratelli maggiori dell’indie italiano

I Thegiornalisti in tutte le radio, Levante giudice a X Factor e Lo Stato Sociale che sbanca il Forum di Assago: il 2017 è stato l’anno d’oro dell’indie italiano. Facciamo il punto sulla precedente ondata di indie italiano, quella che tra il 2007 e il 2010 ha prodotto, tra gli altri, Brunori Sas, Dente, Le Luci della Centrale Elettrica

Autore Billboard IT
  • Il16 Febbraio 2018
Da dove viene l’itpop? I fratelli maggiori dell’indie italiano

I Thegiornalisti in tutte le radio, Levante giudice a X Factor e Lo Stato Sociale che sbanca il Forum di Assago: il 2017 è stato l’anno d’oro dell’indie italiano, quello in cui è uscito definitivamente dal suo orticello registrando sold out ai concerti e scalando le classifiche di vendita. Il successo non è stato un boom improvviso ma una scalata i cui gradini sono le piattaforme di streaming – Spotify su tutte – e quelle di condivisione video come YouTube, su cui gli artisti indie macinano milioni di visualizzazioni al giorno. Sono loro il termometro del successo: dalle due piattaforme parte la riscossa di Motta, Lo Stato Sociale, Fast Animals and Slow Kids, Cosmo ed Ex-Otago. Proprio questi ultimi hanno trovato nel 2017 la loro consacrazione nonostante appartenessero alla precedente ondata di indie italiano, quella che tra il 2007 e il 2010 ha prodotto, tra gli altri, Brunori Sas, Dente, Le Luci della Centrale Elettrica spianando la strada ad artisti come Calcutta e i già menzionati Thegiornalisti.

In quel periodo arriva la hit nazionale di una band nata indie: Charlie Fa Surf dei Baustelle nell’estate del 2008 diventa un vero e proprio tormentone. La band di Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi è un fulmine a ciel sereno nel mainstream italiano: testi complessi ma orecchiabili, arrangiamenti curati, atteggiamento snob e look raffinato. Ma se i Baustelle hanno sempre dato l’impressione di essere come quelli che – per dirla alla Battiato – “si mettono gli occhiali da sole per avere più carisma e sintomatico mistero”, cioè di farci più che di esserci, nello stesso periodo sono usciti artisti che hanno venduto di meno ma che hanno sperimentato e sono diventati fonte d’ispirazione per quelli arrivati dopo, chi per i testi, chi per la musica. Uno che ha fatto della potenza delle parole il suo marchio di fabbrica è Vasco Brondi, in arte Le Luci della Centrale Elettrica. In Canzoni da Spiaggia Deturpata del 2008 va in scena la desolazione della provincia ferrarese, raccontata con rabbia. È dell’anno successivo l’esordio di un altro ragazzo della provincia, Vol. 1 del cosentino Brunori Sas (disco d’Oro nel 2017 con A Casa Tutto Bene).


Mannarino (foto di Magliocchetti)

Nel 2009 è il turno di Mannarino – un anno fa usciva Apriti Cielo, oltre 12 milioni di stream su Spotify – con Bar della Rabbia, album che oscillando tra stornelli romani e Tom Waits rappresenta un unicum nel panorama musicale italiano. La poetica sghemba del cantautore romano si sporca di vino e sudore, conquistando anche il salotto televisivo di Parla con me su Rai Tre, programma condotto da Serena Dandini. Sul versante rock due anni prima era stato dirompente l’impatto di Dell’Impero delle Tenebre del Teatro degli Orrori. Pierpaolo Capovilla, abbandonata la lingua inglese degli One Dimensional Man, scrive i testi del suo nuovo gruppo in italiano, calandosi nelle vesti di predicatore folle. Ne esce fuori un album di noise rock potente e graffiante, con testi colti interpretati in modo teatrale e grottesco.

Il matrimonio tra indie e rock funziona con il Teatro degli Orrori, così come era funzionato per Marlene Kuntz, Afterhours e Verdena negli anni ’90. Ma l’indie molto presto si trova un’amante: il rap. Dalla contaminazione tra i due generi nasce l’indie rap, portato al successo nel 2017 da Carl Brave x Franco 126, Coez, Frah Quintale e in parte dai nuovi trapper Rkomi e Tedua. Molto prima di Non Erano Fiori di Coez, album del 2013 che ha sdoganato il genere, nel 2008 esce Di Vizi di Forma Virtù di Dargen D’Amico, un camaleontico doppio CD di cantautorap. Rapper atipico e sperimentale, Dargen si avventura in territori poco esplorati dalla musica italiana, lasciando da parte lo slang di strada del rap in favore di un linguaggio che ricorda più Lucio Dalla che Fabri Fibra. Anche la veste musicale è differente, con l’elettronica minimale che prende il posto del boom bap. I suoi testi fanno scuola e dieci anni dopo i rapper Rkomi, Tedua e Izi gli restituiscono il favore collaborando con lui in uno dei pezzi più poetici del 2017, Il Ritorno delle Stelle, contenuto nell’ultimo album di Dargen, Variazioni. Attivo anche nel campo discografico, l’artista milanese ci aveva visto lungo scritturando per la Giada Mesi, la sua etichetta, il cantante/rapper Edipo, ora membro di uno dei più promettenti gruppi indie rap, i Coma Cose.


Dargen D’Amico

Non rappa, ma recita, Max Collini, frontman degli Offlaga Disco Pax, attivi tra il 2005 e il 2014, anno della morte del bassista del gruppo Enrico Fontanelli che causò dello scioglimento del gruppo. Più simile a uno scrittore che a un cantante, Collini snocciola le sue storie su strumentali elettroniche e post rock. Suoni che ritornano nella musica dei casertani Gomma, il cui esordio Toska è uno dei più sorprendenti album dello scorso anno.

Qualcuno di questi gruppi, attivi prima dell’ultima ondata indie, ha rischiato di perdersi per strada. Uno su tutti quello formato dai siciliani Maisie, autori di uno dei dischi più originali del 2009, Balera Metropolitana. Un doppio album di 44 canzoni che spaziano dall’italo-disco alla ballata, dal punk al jazz (featuring d’eccezione con la polistrumentista Amy Denio). Dissacrante ma colto, anticipava quel gusto del recupero trash (con le cover di Voglia di Cosce e di Sigarette di Mauro Repetto e La Licantropia di Pippo Franco) poi divenuto moda. Dopo il piccolo exploit di Balera Metropolitana il nulla, fino all’annuncio del nuovo album, Maledette Rockstar, a gennaio 2018.

Le rockstar di cui parla il disco, forse non esattamente maledette, sono oggi proprio gli artisti indie, che stanno vivendo un periodo d’oro: un riscatto ottenuto dopo anni di gavetta. In quegli anni la percezione della musica italiana è tornata nelle orecchie dei più giovani dopo anni di esterofilia. Tommaso Paradiso e Calcutta sono ormai parte di un mainstream aperto oggi anche a voci e personalità diverse dal tradizionale mondo musicale italiano. Ma a spianare la strada sono stati quei gruppi che nella seconda metà degli anni ’00 si sono costruiti la credibilità nei localetti di provincia o mettendo su YouTube i loro video girati con pochi euro. Quando andiamo al concerto dei Thegiornalisti o vediamo Levante in televisione, ricordiamoci anche di loro.

Articolo di Matteo Bruzzese


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