Hip Hop

“Lexotan”, tra Roma, ricordi e Carl Brave. L’intervista ai Wing Klan

Abbiamo intervistato il duo formato da Joe Scacchi e Tommy Toxxic per farci raccontare Lexotan, realizzata con il collega e amico romano

Autore Filippo Motti
  • Il14 Aprile 2021
“Lexotan”, tra Roma, ricordi e Carl Brave. L’intervista ai Wing Klan

La pandemia ci tarpa le ali da oltre un anno, ma il Wing Klan non ne vuole sapere di non spiccare il volo. Il duo composto dai rapper Joe Scacchi e Tommy Toxxic torna ad alzare la voce nel 2021, con un altro passo verso il futuro. Dopo aver pubblicato il singolo Ho un amico (ft. PSICOLOGI), è arrivato oggi Lexotan, inedita collaborazione firmata con Carl Brave. Proprio dall’ospite capitolino (romano come il WK) parte la chiacchierata con Joe (J) e Tommy (T), raggiunti al telefono per un bilancio sulla loro carriera e uno sguardo verso quello che verrà. La costante che attraversa il tutto? Roma.

Carl Brave è stato cruciale per la vostra carriera. Com’è stato ritrovarlo per una collaborazione? Vi siete ritrovati diversi?


J) Carlo per noi è un fratello maggiore, il primo che ci ha portato in uno studio. È stata una figura fondamentale. Essendo amici oltre che colleghi è stato facile rimettersi al lavoro insieme. Anzi, è stata una soddisfazione aver creato un brano così importante per il nostro percorso.

T)Siamo migliorati sicuramente tutti. In questo gioco si migliora con il tempo, come il vino.


Il brano è stato chiuso da poco?

T) Lo abbiamo chiuso pochi mesi fa… All’inizio io e Joe, poi ci siamo detti: “Qua Carlo ci starebbe proprio bene”… Il pezzo sarà nel nostro progetto.

Grazie per l’assist. Un’immagine che racchiuda il lavoro?

J) La pace nel mondo! (ride, ndr) Diciamo che è un progetto molto introspettivo pur essendo fatto in due. C’è stata molta voglia di esprimerci e di raccontare necessità e virtù, sia mie che di Tommy. Abbiamo cercato i punti in comune, e ci siamo decisamente riusciti.


T) Se posso dirla tutta è molto legato anche al periodo. Quando ripartiranno i live e riprenderemo la vita normale magari usciremo con un album con dentro roba più pazza e movimentata. Questo progetto è figlio del momento, va più verso la malinconia. Ma ha anche un altro spessore introspettivo.

Prendiamo le vostre ultime pubblicazioni. Tre brani, tre featuring: Ketama126, PSICOLOGI, Carl Brave. Casualità o strategia?

J) Entrambe. Sono tutte persone che conosciamo personalmente. C’è rispetto reciproco, e volevamo tirarle in mezzo. Queste tre collaborazioni sono parte del nostro percorso e volevamo iniziare così.

Da soli o in gruppo?

In una vecchia intervista, Jake La Furia commentava il diverso approccio per un disco solista e il lavoro per un disco in gruppo. Spiegava che con i Dogo era il collettivo a dettare i tempi e il ritmo di lavoro. Da soli è più complicato trovare l’equilibrio.


J) No, per noi no. Sia io che Tommy abbiamo una forte identità, ci viene naturale esprimerci nei dischi solisti. In quelli fatti insieme cerchiamo di trovare un punto di incontro, pur essendo diversi, così da dare molte più sfaccettature al disco. Riusciamo a muoverci bene in tutti e due i casi.

Vi chiedo un parere da insider. A Milano abbiamo l’impressione che la pandemia non abbia arrestato l’ascesa degli artisti locali emergenti. Vale lo stesso per Roma?

T) Milano è una città più proiettata verso l’Europa. Ma anche artisti di altre città si sono fatti conoscere durante la pandemia. C’è comunque una differenza sostanziale con un artista che deve emergere e può far vedere il proprio carattere sui palchi. Ti mostra la direzione dell’artista. Diverso è essere artisti solamente da computer… è un po’ il discorso dei leoni da tastiera. Un conto è farlo al pc, un conto è farlo live.

J) Penso che per questi ragazzi ci stia, sono un po’ più giovani di noi, e ancora più calati nel mondo del web e dei social. Riescono a sfruttarli in maniera maggiore. In conclusione non parlerei di differenza artistica tra Roma e Milano. Piuttosto di differenza tra etichette e musica che gira.


È migliorato il vostro rapporto con i social? In passato lo avete definito abbastanza conflittuale.

T) Penso che non debbano essere così presenti. È pubblicità, ma alla fine diventiamo tutti delle fotomodelle. Uno dovrebbe badare al sodo.

J) Non sono molto in conflitto coi social, ovviamente li uso. La nostra forza è concentrarci sulla musica e fare in modo di parlare di noi attraverso i nostri brani.

I protagonisti di Lexotan

Torniamo a Lexotan. È una bella sfida orientarsi tra gli spunti. Ci sono i monologhi vostri e di Carl, un dialogo tra di voi, il ritornello cantato a una presenza femminile. E poi tanta, tanta Roma, che si respira dall’inizio alla fine.


J) Il punto centrale è rappresentare la nostra generazione tramite i racconti di ognuno. Nel ritornello c’è la figura femminile, che è molto presente. È un modo per emanare questa tristezza generazionale parlando di una ragazza che può essere un amore finito, una depressione giovanile… Ma ci sono vari spunti, e la nostra storia è molto presente, non parlerei di tema centrale. Lexotan è molto completa come canzone, non ha uno specifico punto di riferimento. Però la protagonista è questa ragazza.

T) Dentro c’è lo storytelling di tutti e tre, c’è molta Roma e tanti ricordi. Nella musica poi è ricorrente parlare di roba personale tramite una ragazza. Lei è la Musa ispiratrice del brano.

Qual è il manifesto del rap game romano?

J) Oddio non saprei… Deadly Combination, In The Panchine


T) Per me un album che ha segnato molto Roma è La calda notte, di Noyz e Chicoria. È quella roba nocturnal romana, in stile Roma Vice City. Forse Sono di Roma, ecco.

La Roma del rap

Qual è il quid in più del rap romano nel portare la città in rima? È un aspetto molto tangibile, dalla discografia di Noyz Narcos a brani come Stay Away.

J) Tutti traiamo spunto dal Truceklan e da un determinato suono. Ma la nostra generazione ha un romanticismo un po’ diverso. Roma è una città culturale e ricca di vita, che ci sprona a raccontarla nelle canzoni. È sempre un punto di riferimento. Noi lo raccontiamo a modo nostro.

T) Anche il fatto che cammini per il centro di Roma e ti arrivano delle vibe… Milano tende ad essere molto più una Parigi, una Berlino o una Londra. Ti danno tutto in termini di servizi, ma sono anche città fantasma. A Roma le strade ti parlano, tra statue e sanpietrini.


Confrontiamo Lexotan con gli inizi della vostra carriera. Sotto quale aspetto siete migliorati maggiormente?

T) L’organizzazione.

Stanno facendo molto discutere diversi passaggi di Fastlife Mixtape Vol. 4, letti da molti come dissing a certe tendenze favorite dalla nuova scena. Nel vostro prossimo progetto parlerete solo di voi o ci sarà spazio anche per considerazioni sullo stato di salute del rap italiano?

J) No no, noi parliamo delle nostre esperienze. Dobbiamo raccontare molto, e ancora abbiamo raccontato poco.


Il 9 aprile se ne andava DMX.

J) Non eravamo così fan, ma rimane una leggenda. Tutti conosciamo i suoi pezzi.

T) Parliamo di un king con hit mondiali che facevano ballare migliaia di persone, in un periodo in cui non si guardavano le cose da uno schermo.

Ascolta Lexotan

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