Interviste

La Kanaglia della bubblegum trap: intervista a DrefGold

Prosegue il nostro viaggio tra gli esponenti della nuova scuola rap italiana. Ne parliamoDrefGold, classe 1997, uno dei più giovani newcomers, uscito a luglio con l’album “Kanaglia”

Autore Alessandro Minissi
  • Il31 Ottobre 2018
La Kanaglia della bubblegum trap: intervista a DrefGold

DrefGold - Kanaglia - 2

Dopo le chiacchiere con Achille Lauro, MamboLosco, Dani Faiv, G.bit e Highsnob, prosegue il nostro viaggio tra gli esponenti della nuova scuola rap italiana, che disco dopo disco sta riformando la “deontologia” che ha guidato il genere negli ultimi 30 anni. Ne parliamo con Elia Specolizzi, aka DrefGold, classe 1997, uno dei più giovani newcomers, uscito a luglio con l’album Kanaglia prodotto da BillionHeadz Music Group, la neonata etichetta fondata da Sfera Ebbasta e Charlie Charles.

Dai messaggi nei testi al ruolo di Instagram, dalle formule live all’ostentazione del successo, l’intervista tocca argomenti che aiutano a definire i contorni di questa nuova scena, ancora indecifrabile agli occhi di molti storici appassionati di hip hop.


DrefGold - Kanaglia - 1

Ciao Dref, l’ultimo anno è culminato nell’uscita del tuo primo disco Kanaglia. Ti ricordi dov’eri l’anno scorso a quest’ora?

L’estate scorsa stavo conoscendo Daves the Kid, il mio produttore, che avevo beccato verso maggio-giugno, e stavo entrando in rapporti con Sfera e Charlie. Doveva ancora uscire il singolo Quello Vero, una traccia su un beat americano che poi è stata quella della svolta. La gente aveva iniziato ad accorgersi di me e Sfera aveva messo una Instagram Story con quel pezzo, nella quale diceva “Andate tutti ad ascoltare Quello Vero”. Ero ancora giù da me in Salento – a Racale, vicino Gallipoli, perché io sono mezzo pugliese – ed era tutto normale. A luglio avevo tipo 10mila follower su Instagram, ad agosto iniziai a fare sette date in apertura a Sfera. Ho cominciato ad andare un po’ in giro, ma non mi fermavo a dormire fuori. Non avevo nessun tipo di cosa economica o musicale in ballo. È successo dall’oggi al domani.


Come ti sei approcciato a quest’attenzione improvvisa?

Dicendomi: “Non voglio forzare niente, non voglio rischiare di giocarmi l’occasione per la fretta”. Allo stesso tempo, però, era ovvio che c’era un’aria di iniziale svolta. Se una traccia fa cento, quella dopo fa mille, quella dopo ancora diecimila, chiaramente speri di non cadere da un giorno all’altro. Mi rendevo conto che salivo, anche grazie a tutto quello che hanno fatto Charlie e Sfera.

Autotune, treccine colorate, atmosfere positive e fare scanzonato. In America lo chiamano “bubblegum trap”. Quali sono le caratteristiche di questo tuo genere?

Secondo me molta spensieratezza, proprio dal punto di vista della scrittura. Scrivo cose non per forza leggere, ma sono quelle che mi dice la testa. Io per esempio gioco molto con le mezze metafore, che non esistono realmente. Magari fa allo stesso modo anche Sfera. Voglio dare un messaggio che non sia di cattiveria, di presa male, di disagio. A me piace che la mia musica sia vista come quando arriva il sole e tutti sono contenti.


Sfera però ha anche tracce cupe, mentre tu sei sempre allegro e solare…

Anche nel mio disco c’è una traccia come Piccolo Dref che magari è un po’ più cupa, malinconica, comunque mai qualcosa di negativo. C’è sempre qualcosa che accresce l’umore, lo stato d’animo. Anche Sfera nel suo disco – penso a Sciroppo, Bancomat, Rockstar – ha delle tracce come le vedo io, su quest’onda.

Io pensavo più a canzoni come 20 Collane e Xnx: quelle mi sembrano fuori dal tuo stile…

Sì, quelle cadono più in una roba come Wave (quarta traccia di Kanaglia, feat. Sfera Ebbasta, ndr), che nonostante sia più prepotente a livello di suono non è però un autocommiserarsi. È quel rap-egotrip di esaltazione che fa parte del nostro genere, della nostra wave appunto. Perché per quanto sia sempre tutto solare, a me fa anche piacere dire il livello a cui sono arrivato, i vestiti che ho. È proprio il genere nostro che ci porta a usare queste parole.




Come sei organizzato a livello di live? Ci sarà un tour? Chi sarete sul palco?

Il tour inizierà a settembre-ottobre. In tutte le città, tutti i club, tutti i posti. Andiamo a beccare davvero chiunque. E non vedo l’ora. Siamo io e il DJ e basta. Poi abbiamo tutto il team del tour, ma di base ci siamo noi due.

Non ti porti una spalla per fare hype?

No, onestamente è figo così. La gente vuole vedere te. Altrimenti diventa dispersivo. Si è persa quella cosa lì. Un tempo, magari, avere una spalla poteva essere comodo per spingere di più.


Avete portato novità non solo nei dischi ma anche nelle esibizioni dal vivo.

Ovvio, è cambiato tutto anche live. È molto più figo. Chi cazzo se ne frega che non canti.

Questa è una cosa che i fan storici fanno fatica a capire.

Lo so. Sai qual è la verità? Che il fan nostro – anche quello grande – la canzone l’ha ascoltata talmente bene che sa perfettamente com’è l’autotune. E l’autotune live, per quanto la voce possa essere figa, non è mai come la canzone nel disco. Quindi, in ogni caso, passa in secondo piano il fatto di essere bravo vocalmente nei live. Io cerco sempre di cantare sul beat, ma allo stesso tempo, se per 15 secondi non canto ma sto a battere i cinque, a creare casino col pubblico, la gente è solo più contenta. La cosa si sta sdoganando. In America i tipi buttano il microfono a terra…


È un altro segno di questa rottura che rappresentate.

I nostri live sono più show, più spettacolo, più intrattenimento. Perché ok, va bene la musica e tutto, perché la gente è lì per quello, ma è anche lì per vedere te, come sei nella tua naturalezza.

Tu sei di Bologna, la culla del rap impegnato da centro sociale. Ti va di raccontarci l’episodio con DJ Lugi?

È proprio una storia assurda. Io andavo in seconda media e questa professoressa di musica, molto alternativa e da centri sociali, disse a me e questo compagno che c’era un centro a Bologna dove ci avrebbe potuto far registrare. Entrammo nello studio e in fondo c’era seduto questo ragazzo, anzi un adulto, scuro di pelle. Io mi presentai e lui mi disse “DJ Lugi”, ma io capii “DJ Luigi”. Per me era anche simpatica come cosa. Poi andando avanti nel tempo cercavo cose di questo DJ Luigi e usciva sempre DJ Lugi. Allora mi dissi: “Vuoi vedere che era il tipo?”. Quando iniziai a fare rap seriamente nel giro di Bologna capii la sua importanza nella scena: un personaggio storico, un pioniere dell’hip hop italiano. Pensa te, io ero lì con lui: fu la mia prima registrazione, ero piccolissimo, imbarazzatissimo e imbarazzante. Mi ha inconsapevolmente tenuto a battesimo, tipo quando nasce il cucciolo di leone che diventerà re. Non è stato così ma magari, inconsapevolmente, DJ Lugi mi ha fatto la grazia.


Ascolta Kanaglia di DrefGold in streaming

DrefGold – Kanaglia Tour

9 novembre – Roma, Circolo degli Illuminati
10 novembre – Poggiorusco (MN), Priscilla Discoteque
17 novembre – Trofarello (TO), Millionaire Club
24 novembre – Bassano del Grappa (VI), Liv
1 dicembre – Manerba del Garda (BS), Red Clubbing
7 dicembre – Firenze, Viper Theatre
8 dicembre – Treviso, Supersonic
22 dicembre – Genola (CN), Deja Vu
22 dicembre – Torino, Wow Club
5 gennaio – Catania, Ecs Dogana
19 gennaio – Nonantola (MO), Vox Club
26 gennaio – Bologna, Kinder Garden
2 febbraio – Milano, Magazzini Generali

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