Interviste

Abbiamo un campione e non lo sapevamo: intervista ad Aquadrop

Da Diplo a Steve Aoki, Aquadrop collabora con i pesi massimi dell’elettronica mondiale (ma anche con tante glorie nostrane). Da Cesano Boscone al globo

Autore Alessandro Minissi
  • Il3 Ottobre 2018
Abbiamo un campione e non lo sapevamo: intervista ad Aquadrop

Aquadrop - 2

Avete presente la sorpresa di scoprire una scorciatoia che vi collega al centro della città? La mappa che avevate in testa si accartoccia, per rispiegarsi subito in una nuova topografia. Quello che era sempre sembrato distante, all’improvviso diventa vicino. Nel dedalo della musica questa scorciatoia è Aquadrop, nome d’arte di Aron Airaghi, produttore milanese di 37 anni supportato in tutto il globo da pezzi grossi come Diplo (Major Lazer), Steve Aoki, Skrillex e Martin Garrix. In Italia lo conoscono in pochi, che però si chiamano Jovanotti, Fabri Fibra, Big Fish, Don Joe, MadMan… Tutti nomi che si sono rivolti a lui per produzioni e remix.

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Aquadrop

Incontro Aquadrop al tavolino di un bar. È un pomeriggio di primavera, e gli chiedo di raccontarmi la sua storia. Alimentati a birra e sigarette, ci avviamo in un viaggio che ci catapulta ai vertici del music business. Si parte.


«Sono un produttore di musica di qualsiasi genere: dalla trap al rap fino all’elettronica. Ho iniziato come tutti, un po’ per gioco, con un programma che si chiama Hip Hop eJay: ci fai una canzone brutta in 30 secondi. Capii che poteva diventare più di una passione quando cominciai a collaborare con Lifegate Radio. Intanto lavoravo come grafico e direttore artistico per un’agenzia di eventi. Dopo qualche anno, arrivato ai 27, mi stufai e decisi di provarci con la musica. Mi licenziai dall’agenzia e mi misi a produrre 32 ore su 24.

I miei primi dischi furono genere London-dubstep, con un sacco di influenze dub e reggae, non le tamarrate coi bassoni alla Skrillex. Iniziai subito a uscire per Eight:FX, etichetta londinese dello storico produttore DJ Hatcha. Con loro feci il primo LP, Aurora Borealis, e la colonna sonora per Skins US, un programma TV becero che parla di teenager alle prese coi primi sballi. Passò anche in Italia, su MTV. Feci anche canzoni per un’altra serie, Sirens, sul canale inglese Channel 4. Con questi lavori entrarono i primi soldi, e iniziai a pensare che forse avevo fatto bene a licenziarmi.


Smisi di produrre dubstep e mi buttai sulla UK Garage, che alla Eight:FX non piaceva molto. Cominciai a mandare mail a tutte le realtà che mi sembravano interessanti. Uscii per molte etichettine, fra cui la L2S Recordings di Whistla, uno dei capi di questo genere.

Poi successe che dall’America arrivarono le prime robe mezze dubstep e mezze trap. Sembravano dubstep, perché ritmica e bpm erano simili, ma c’erano quei bassoni 808 devastanti, sample vocali e synth grezzi che le avvicinavano al dirty south rap. Dissi: “Che roba è?! Fa schifo ma mi piace un sacco”. Era il 2014/2015, iniziai a produrre trap elettronica: strumentale, senza voce, con il bassone, i campioni vocali tagliati e la drop. Non quella di oggi di Sfera Ebbasta e Dark Polo Gang.

Feci una canzone che si chiama Favelas. Per me è una bomba atomica, ma fu difficile convincere le etichette. Io e il mio manager (ne avevo trovato uno) facemmo fatica a piazzarla. Alla fine, uscì su EDM.com, un canale SoundCloud con oltre 700mila follower, e una settimana dopo scoprii che RL Grime, gigante della musica elettronica, senza dirmi niente aveva preso la mia canzone e ci aveva fatto un edit, caricato sul suo canale SoundlCloud col titolo Aquadrop VS Nadastrom – Favelas (RL Grime Private Pussy Edit). Superò in pochissimo tempo i tre milioni di play.

Nel frattempo io continuavo a mandare i miei pezzi a Mad Decent, l’etichetta di Diplo e Major Lazer, anche se loro non rispondevano mai. Dopo questa roba di RL Grime, però, mi contattarono. Io stavo per gettare la spugna, ero fuori a bere, quando mi arrivò la mail: “Ti va di collaborare con noi?”.


La prima cosa fu una canzone per Jeffree’s, la loro serie di compilation. Mi ricordo che nel volume precedente era uscita Harlem Shake, il tormentone di Baauer. Il mio pezzo, Dega Dega, venne preso per uno spot dalla compagnia telefonica americana T-Mobile e iniziò a girare in televisione. Andò in onda anche durante i Billboard Music Awards del 2015. Da lì, Favelas e Dega Dega entrarono nei set di molti DJ in tutto il mondo. Lo stesso Diplo, che oggi sento via mail ogni settimana, dice che Favelas è uno dei pezzi più rappresentativi della trap elettronica.

Dopo Dega Dega feci Troll The Halls, una canzone per la compilation di Natale che finì in una pubblicità di vestiti con Iggy Azalea e il cestista NBA Nick Young. Impazzivo nel vedere Iggy Azalea ballare su un mio pezzo. Produssi poi On Fire, che non ricevette particolari placement, ma venne suonata da tutti: da Martin Garrix ai Major Lazer. Arrivato a questo punto, ero convinto di aver fatto bene a licenziarmi dal lavoro da grafico.

Nello stesso periodo co-produssi con Big Fish Maracanã di Emis Killa, la sigla dei mondiali 2014. Fish, uno dei guru della produzione italiana, lo avevo conosciuto con Favelas, quando ero entrato nella sua Doner Music, che ancora oggi è il mio management. Maracanã è stata la prima base che ho fatto per un rapper. E la prima volta che un mio pezzo ha girato in Italia.

Dopo mi contattò DJ Harsh di Tanta Roba, la label fondata da lui e Gué Pequeno. Per loro feci un remix di Gemitaiz (Haterproof 2) e Vai Bro di MadMan, singolo incluso nell’album Doppelganger. All’inizio Vai Bro venne molto odiata, il pubblico italiano non era pronto per un pezzo rap con una parte strumentale e la drop. MadMan però lo usa ancora nei live: gli hater sono i primi a saltare quando c’è la drop.


Lavorai anche per i Club Dogo, per cui feci il remix di Non Siamo Nati Qua, e nel luglio 2016 aprii a San Siro il concerto di Jovanotti, per cui avevo fatto il remix ufficiale di Sabato. Lo stesso giorno, andò in onda un’ora di mio mixato nel programma di Diplo su Radio BBC One.

Realizzai ancora la base di Fresco Fresco per MadMan e il remix di Tutti Matti per i 10 anni di Tradimento, il disco di Fabri Fibra, poi tornai a produrre solo per me. Robe strumentali, pezzi più da club e meno radiofonici.

Uno di questi, costruito con campionamenti del verso del gufo, venne preso da Go Pro per uno dei loro video, che in una settimana diventò mega-virale. Go Pro si è presa bene e ho iniziato a lavorare anche con loro. A oggi ho fatto le musiche per 10/15 video. Tramite loro, sono arrivato fino al Real Madrid, che ha coinvolto Go Pro in una serie di video backstage di allenamenti e partite. Per sta roba ho fatto due canzoni.

Parallelamente, ho continuato a produrre tantissimi singoli, per me e per altri. Uno – Tipi da Club – l’ho fatto per Mudimbi, che quest’anno è arrivato terzo fra le Nuove Proposte di Sanremo.


Poco tempo fa è uscito Hard Drop Life, il mio primo EP dopo tanto tempo. È piaciuto parecchio, lo ha suonato anche Diplo, ed è tuttora in airplay su BBC One. Il 18 maggio 2018 ne ho pubblicato un altro per Trap and Bass, un’etichetta di Miami super forte. Si chiama Stranger EP, è una roba un po’ strana, un po’ Flume un po’ Marshmello, però fatta da Aquadrop».

Ascolta Hard Drop Life EP di Aquadrop in streaming

Chiacchieriamo ormai da un’ora e mezza, e Aquadrop continua ad aggiornare il curriculum snocciolando collaborazioni intergalattiche come niente. C’è Watch Me DVB, il pezzo future bass uscito per l’etichetta di Steve Aoki e utilizzato in uno spot degli orologi MVMT; c’è la collaborazione in cantiere con J. R. Rotem, il produttore di Beyoncé e Jason Derulo; c’è Leave Me Alone, edit ufficiale di un brano di Manu Chao commissionatogli da Diplo; c’è il suo nome fra i dieci migliori remix dei Major Lazer segnalati da Billboard USA; ci sono due singoli in uscita – uno simil-reggaeton per Bang Record, la label di DJ Ross (m2o), l’altro afro-house, piaciuto molto ad OWSLA, l’etichetta di Skrillex.

Chiedo se gli dia fastidio non essere famoso. «Finché riesco a guadagnare i miei soldi lavorando in America e stando a Cesano Boscone, a me va bene». Trasalisco. Anch’io sono nato e cresciuto a Cesano Boscone, un comune di 20mila abitanti nell’hinterland milanese. Questa scorciatoia che unisce l’Italia ai piani alti della musica mondiale parte proprio da sotto casa mia.

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