Musica

Best of 2021: i migliori album dell’anno selezionati dalla redazione (seconda parte)

Nel secondo anno pandemico non è mancata l’uscita di buona musica, tanto italiana quanto internazionale. Ecco le release più notevoli secondo Billboard Italia

Autore Billboard IT
  • Il27 Dicembre 2021
Best of 2021: i migliori album dell’anno selezionati dalla redazione (seconda parte)

Foto di Viktor Forgacs / Unsplash

Fine anno, tempo di tirare le somme sugli album usciti negli ultimi dodici mesi. Le notizie di questi giorni sull’aumento dei contagi purtroppo spostano in là l’inizio di una vera ripartenza, ma in compenso in questo secondo anno pandemico non è mancata la buona musica, tanto italiana quanto internazionale. Del resto, vi sono ricerche (come l’annuale Engaging with Music di IFPI) che testimoniano come per la maggior parte delle persone – soprattutto giovani – la musica abbia offerto un insostituibile sostegno psicologico durante i vari periodi di isolamento.

La redazione di Billboard Italia – Tommaso Toma (direttore), Silvia Danielli (condirettrice), Federico Durante (caporedattore) e le editor Benedetta Minoliti e Cristiana Lapresa – insieme alle firme del magazine ha stilato una selezione degli album più notevoli del 2021. Ecco la seconda parte.


Alberto Campo

Floating Points, Pharoah Sanders & The London Symphony Orchestra, Promises

(Luaka Bop)

Strana alleanza tra il “fluttuante” produttore britannico Sam Shepherd e il Faraone, decano del jazz statunitense, attorniati da sinfonici archi londinesi: una suite in nove movimenti nella quale la diafana trama ambient architettata dal primo accoglie le evoluzioni “cosmiche” del sassofono di Sanders. Musica astrale che aleggia oltre i confini dei generi codificati.


Koreless, Agor

(Young Turks Recordings / Self)

Album d’esordio del 30enne produttore gallese Lewis Roberts, figura defilata nel panorama del suono elettronico contemporaneo. Elusivo e pignolo, per realizzarlo ha impiegato un quinquennio, ma l’attesa è valsa la pena: fra aspirazioni “neo classiche” e stilizzata rielaborazione dei canoni dance scorre in mezz’ora un flusso di musica dal fascino ineffabile.

Sault, Nine

(Forever Living Originals)

Colpiscono ancora le Primule Rosse della black music d’oltremanica, al quinto album in poco più di due anni. Al solito guidato dal produttore Inflo, il collettivo londinese amalgama con elegante naturalezza dub, hip hop, echi d’Africa, R&B psichedelico e fervore politico, aggiornando la lezione impartita da Jazzie B con i Soul II Soul al tempo di Burial.


Federico Guglielmi

Nick Cave & Warren Ellis, Carnage

(Goliath / Self)

Al di là della bellezza “estetica” del sound, quest’album figlio della pandemia vanta un magnetismo, una profondità e una forza espressiva davvero straordinari. Una prova di come da una tragedia collettiva come quella che stiamo purtroppo ancora vivendo si possa generare Arte: autentica, magnifica, qui sospesa tra rock e trame più dilatate ma non per questo di minore impatto.

Arab Strap, As Days Get Dark

(Rock Action / Self)

Intrecci elettrici ed elettronici di matrice post-rock attraversati da echi post-punk, splendidi testi recitati con toni che costringono ad ascoltarli, una visione d’insieme che rivela comunque accenti pop. Il ritorno dopo oltre un decennio del duo scozzese, più ricco e ritmico rispetto al passato, non avrebbe potuto essere più intenso e riuscito.


Damon Albarn, The Nearer the Fountain, More Pure the Stream Flows

(Transgressive / Self)

Fluido, soffice, avvolgente e a suo modo contemplativo, e reso ancor più magico dal canto confidenziale, il secondo album da solista di Damon Albarn è un incantesimo evocativo e godibilissimo che si snoda tra varie tastiere, chitarre acustiche ed elettriche, fiati, archi e percussioni. Per l’ex (?) Blur, un’ennesima conferma di spessore, classe, inafferrabilità.

Piergiorgio Pardo

Iosonouncane, IRA

(Numero Uno / Sony Music)

Oscuro, scomodo, intenso, l’opus magnum di Iosonouncane ha avuto la capacità di sottrarsi alle logiche imperanti dell’hype e di farsi regole sue. Lo abbiamo amato soprattutto per questo. L’intesa col pubblico si perfezionerà con il tour che prevede l’intera esecuzione. Ci piace pensare che il meglio sia ancora da venire.


Giorgio Poi, Gommapiuma

(Bomba Dischi / Universal Music)

Tutte le volte che lo ascolto, mi sembra che parli di me. È stato soundtrack di scorci di città, stati d’animo, orari, incontri e di tutte le cose minute di cui può essere fatto un giorno. O una notte. Per qualche ragione lo associo alle puntate di Tagliare lungo i bordi, alle poesie di Saba e ai muri di Montale. Ma le derive cambieranno per ogni ascoltatore.

Mdou Moctar, Afrique Victime

(Matador / Beggars / Indigo)

Jazz, radici, visionarietà, energia, sapore di viaggio. È il bene d’Africa. Ti regala una vicenda rizomatica di ascolti che sono piuttosto esplorazioni. La cosa più bella di questo disco è che non appartiene ad un genere, ma ne attraversa tantissimi. E la sua bandiera, il suo colore sono quelli dell’universalità.


Fernando Rennis

Little Simz, Sometimes I Might Be Introvert

(Age 101 Music)

Simbiatu Ajikawo raggiunge a ventisette anni il suo picco artistico con un album ricco di influenze e pieno di groove in cui testi pungenti e una verace ambizione garantiscono all’artista londinese giustissimi riconoscimenti da parte di pubblico e critica. Sometimes I Might Be Introvert è l’album più fresco, eclettico e interessante del 2021.

Squid, Bright Green Field

(Warp Records / Self)

Sotto la coltre di un apparente caos la band post punk di Brighton tiene a bada il suo inarrestabile flusso creativo caratterizzato da rock, dub e funk puntellandolo in geometrie jazz e meccaniche kraut. Al di là dei tentativi di classificazione, un debutto sorprendente che sfida costantemente l’ascoltatore.


Arlo Parks, Collapsed in Sunbeams

(Transgressive [PIAS] / Self)

Aspettavamo la ventenne londinese al banco di prova del primo album e, come da copione, Arlo Parks ha conquistato con la sua voce i pochi dubbi che si potevano avere sul suo talento cristallino. Il suo bedroom pop è delizioso e forse la qualità più grande di Parks è la sua capacità di far sembrare semplici temi e tessiture sonore complesse.

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