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Ecco perché il film “Made in Italy” di Ligabue è il racconto dell’Italia

Dal 25 gennaio al cinema “Made in Italy”, il nuovo film di Luciano Ligabue con Stefano Accorsi e Kasia Smutniak. Un ritratto realistico del nostro Paese

Autore Giovanni Ferrari
  • Il22 Gennaio 2018
Ecco perché il film “Made in Italy” di Ligabue è il racconto dell’Italia

Un racconto sincero, realistico e divertente di un paese pieno di bellezza e contraddizioni. Dal 25 gennaio nelle sale italiane viene proiettato Made in Italy, il film di Luciano Ligabue che prende il titolo dal suo ultimo album di inediti. In effetti, il disco è un concept album che racconta la storia di Riko, un uomo che – come tanti altri – lotta tra la necessità di un lavoro e le mille instabilità affettive che si trova a vivere. Dalla trama insita nel disco è stato creata questa pellicola che vede come protagonisti Stefano Accorsi e Kasia Smutniak.

Made in Italy è la terza fatica cinematografica di Ligabue (viene dopo Radiofreccia del 1998 e Da Zero a Dieci del 2002). Con questa storia “il Liga” vuole raccontare un’Italia che prova a rialzarsi, il tutto facendo luce sulle debolezze che ogni uomo nasconde dentro di sé. In uno scenario semplice e genuino come quello della provincia italiana (in particolar modo quella di Reggio Emilia, dove è perlopiù ambientato il film), Ligabue riesce a delineare – anche grazie alle sue canzoni, vere protagoniste della pellicola – un sentimento di «amore frustrato verso il nostro Paese». Così l’ha lui stesso definito.




Dal senso di vuoto conseguente alla perdita del lavoro alle difficoltà economiche che tanti italiani provano. Dalla continua incertezza sui rapporti affettivi alla semplicità di un’amicizia storica. Made in Italy è un viaggio non solo per le città del nostro Paese (come suggerisce la title track del disco di Ligabue) ma anche per le contraddizioni e la voglia di rialzarsi di un’intera generazione. Vale la pena vederlo, anche perché magari – tra tutti i personaggi – ne troviamo qualcuno nel quale poterci immedesimare.

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