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Boris Johnson e le possibili conseguenze delle sue dimissioni per l’industria musicale britannica

Il governo dimissionario del primo ministro ha fatto pressioni affinché le piattaforme di streaming pagassero di più gli artisti, ma con la Brexit ha reso complicati i tour

Autore Billboard US
  • Il8 Luglio 2022
Boris Johnson e le possibili conseguenze delle sue dimissioni per l’industria musicale britannica

Boris Johnson (foto di Annika Haas / Wikimedia Commons)

In quanto premier che ha guidato l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, Boris Johnson ha avuto un profondo impatto sull’industria musicale del Paese. Nel bene e nel male. Soprattutto, il suo governo ha fatto pressioni sui servizi di streaming affinché trovassero più equi standard di compensazione economica per gli artisti.

Ora che il leader del Partito Conservatore ha rassegnato le dimissioni, i dirigenti dell’industria musicale stanno valutando con ansia ciò che significa per loro il caos delle ultime 48 ore a Downing Street. A prescindere da chi prenderà il posto di Boris Johnson come primo ministro (la tempistica verrà annunciata settimana prossima), di certo cambieranno gli attuali ministri. Fra questi, Nadine Dorries che, in qualità di “Secretary of State for Digital, Culture, Media and Sport”, ha coordinato il dipartimento governativo che più attivamente si occupava del tema dell’equo pagamento degli artisti dallo streaming.


Il governo di Boris Johnson e la musica: pro…

Un’indagine di nove mesi condotta dal Digital, Media, Culture and Sport Committee lo scorso luglio concluse che il modello globale di streaming adottato da Spotify, Apple Music, YouTube e Amazon Music era “insostenibile” nella sua forma attuale.

Da allora, il governo Johnson ha dato vita a svariati gruppi di lavoro per esplorare con le aziende i temi sollevati dalla commissione. Questi gruppi di lavoro dovrebbero rimanere attivi nonostante la crisi politica che ha colpito Westminster. Benché il gran numero di dimissioni che si sono succedute da martedì potrebbe rallentarne significativamente i progressi.


Fra gli oltre cinquanta ministri e viceministri che si sono dimessi in opposizione alla scelta di Johnson figurano Chris Philp (Tecnologia ed economia digitale), Julia Lopez (Media, data e infrastruttura digitale) e George Freeman (Scienza, ricerca e innovazione).

A dicembre Freeman disse ai deputati della Camera dei Comuni che il governo Johnson intendeva assicurare “un equo ambiente per lo streaming in cui l’industria musicale britannica possa prosperare e gli artisti possano essere remunerati adeguatamente”. La sua dipartita potrebbe cambiare la direzione dell’intervento governativo sull’industria musicale. Benché gran parte del lavoro di base sia portato avanti da cittadini non appartenenti alla politica.

L’analisi annuale del mercato dello streaming fatta dall’Antitrust britannico (The Competition and Markets Authority), che approfondisce le preoccupazioni legate al dominio dell’industria da parte delle major, non è turbata dagli eventi recenti. La CMA infatti è un’autorità indipendente e non governativa. I risultati dell’indagine dovrebbero essere resi noti questo mese.

…e contro

In tema di Brexit, il più grosso lascito politico di Johnson, gli organizzatori di concerti sperano in tempi più rosei sotto il suo successore. Da quando il Regno Unito ha lasciato l’UE, gli artisti britannici devono ottenere visti e permessi di lavoro per andare in tour in Europa. Stessa cosa per gli artisti europei che vogliono suonare in UK. E le nuove norme sul trasporto merci hanno limitato il numero di fermate che i camionisti britannici possono fare nei paesi UE.


I promoter e le associazioni di categoria hanno lavorato a stretto contatto con i ministri per risolvere molti di quei problemi. Ma rimangono molte difficoltà, così come un aumento di burocrazia e costi come risultato della Brexit.

Le dimissioni di Johnson non porteranno a un’inversione della Brexit, ma potrebbero dar luogo a un rapporto più “costruttivo” e “rispettoso” fra il Regno Unito e l’Unione Europea, come dice Michel Barnier, in passato a capo delle negoziazioni sulla Brexit presso la Commissione Europea.

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